Scende in campo per le elezioni di Roma 2021 il Messaggero dell’editore Caltagirone. Ieri, 10 ottobre, con un editoriale intitolato “La figura che serve per rilanciare la Capitale”, in cui il direttore interviene a gamba tesa sulle primarie del centro sinistra appena annunciate dal segretario del PD Zingaretti – “i nomi dei concorrenti circolati finora sono ancora più lontani dal modello di sindaco che può rilanciare davvero la Capitale” – e elenca i requisiti del Sindaco ideale, naturalmente dal punto di vista della linea editoriale del suo giornale: “Questa città… ora può rinascere solo se governata da una figura con spiccate qualità manageriali, dotato di una squadra di tecnici che riprendano in mano i settori dimenticati della pubblica amministrazione capitolina…”. Oggi, 11 ottobre, con un altro articolo che rilancia l’autocandidatura di Carlo Calenda, definito “sparigliatore sulla base della propria competenza imprenditoriale (viene dal mondo delle aziende)”. Oplà, ecco l’uomo del destino per la Capitale.
Certo, davanti c’è lo “scoglio” delle primarie, a cui Calenda non vuole assolutamente sottoporsi, ma “il problema è risolvibile perché, come ha detto il vicesegretario dem Andrea Orlando: “non devono essere fatte per forza e non sono la panacea”. Forse un problema un po’ più consistente per la candidatura Calenda è la sua biografia, che può sembrare “’na stampa e ‘na figura” del Sindaco ideale del Messaggero, ma forse, non propriamente di uno schieramento ampio di centro – sinistra e sinistra: coordinatore politico dell’associazione Italia Futura fondata da Luca Cordero di Montezemolo, nel 2013 si candida al Parlamento con Scelta Civica di Monti ma non viene eletto. Viceministro nei governi Letta e Renzi, diviene in seguito ministro dello sviluppo economico nei governi Renzi e Gentiloni. Eletto deputato europeo con i voti del PD, nell’agosto 2019 ne è uscito per fondare un suo partito, Azione, che è attualmente all’opposizione del governo giallo rosa.
Un soggetto piuttosto divisivo. Tuttavia il Messaggero riporta “l’atteggiamento di curiosità e apertura” che alcuni “padri nobili del PD fanno trapelare in favore dell’ipotesi Calenda”. Soprattutto perché “gli ulivisti e ex Margherita” non sanno neppure chi sia Caudo” – l’ex assessore all’urbanistica della Giunta Marino e attuale Presidente del III Municipio che si è candidato alle primarie- “e gli altri gareggianti da gazebo”. Certamente, a vedere le periferie dove Virginia Raggi ha sbancato nel 2016 e dove molti segnali – a partire dalle europee del 2019 – danno conquistate a man bassa dalle destre nel 2021, il nome di Calenda è sulla bocca di tutti, immaginiamo gli striscioni sulle Torri di Tor Bella Monaca inneggianti ad Azione. Ma alla fine “Zingaretti potrebbe capire che gli conviene Calenda”, anche se “ci sono i “7 nani” delle primarie che vedono con il fumo negli occhi – e fanno baccano (sic!)- l’eventuale unione con Calenda e l’abolizione dei gazebo”. Conclude il Messaggero “il problema di Zingaretti, preso in mezzo tra il fuoco dei riformisti e aperturisti e le chiusure della sinistra sinistra, è questo: se concede troppo al leader di Azione rischia di perdersi un pezzo di partito: ma se non punta a una figura di spicco…la partita romana si fa più asfittica e meno innovativa”.
Sicuramente se il PD sceglie un candidato/a senza aprire un dialogo con la città, con le forze sociali, con la migliore società civile, dialogo che ha perso da un pezzo, e non approfitta delle primarie per creare un’ ampia coalizione di partiti e movimenti disposti a rinnovarsi profondamente, per tornare a costruire la città dei cittadini, dei lavoratori, degli ultimi, ha già perso in partenza. Le elezioni di Roma e l’ultimo treno per diventare un partito davvero democratico.
di Anna Maria Bianchi Missaglia